Arte - Il caleidoscopio

Zone di confine: l’esperienza artistica di Lyonel Feininger

Don’t you know they’re talkin’ ‘bout a revolution?

(T. Chapman)

Nell’arte contemporanea, oggi, esistono due poli antagonisti, feroci, che partono da un’istanza profondamente sbagliata, quella di una netta e sciocca chiusura nei confronti “dell’altro”. Parliamo del filone nazional-popolare e di quello radical-snob.

“Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…”, verrebbe da dire ricordando il compianto Signor G!

Di certo, un’arte che si prefigge come scopo la possibilità di migliorare sè stessi e il mondo attraverso il “bello”, non può prescindere dal confronto con “l’altro”. Perché solo portando l’ Arte nei “luoghi di perdizione” del popolo, utilizzando i suoi canali comunicativi ed espressivi per veicolare messaggi di spessore, è davvero possibile abbattere le caste. Un tale atteggiamento sembra contraddire le ragioni storiche da cui sono sorte le avanguardie, ovvero la loro negazione da parte del pubblico, ma si tratta di una antitesi apparente. In America, un metodo di alfabetizzazione rapido e vincente fu, ad esempio, l’uso ad hoc delle strisce dei fumetti.

In questa sede, basterà ricordare gli sforzi compiuti dal tenero monello di The Yellow Kid, il cui grembiule, per un errore della tipografia, da bianco divenne giallo. La svista portò bene e il bimbo restò vestito così. Con le sue storie semplici e il linguaggio immediato, il fumetto aiutà altri bambini, più sfortunati, costretti a lavorare, che non potevano andare a scuola, e decine di immigrati nel processo d’integrazione in un Paese sicuramente grande, sotto molteplici punti di vista, ma che non fu e ancora adesso non è sempre dolce nei confronti “dell’altro”.

Per questo, vale la pena ricordare l’impegno di Lyonel Feininger. Nato a New York da genitori tedeschi nel 1871, è un autore poco noto ma fondamentale, perché con il suo fumetto dimostrò la possibilità di fare arte di qualità, di veicolare importanti messaggi sociali e culturali, sfruttando un mezzo tipico della cultura “bassa”. Audace sperimentatore, consapevole che non si può parlare di arte innovativa se questa resta chiusa nei limiti del proprio orticello, Feininger operò in una zona di confine, analizzando i rapporti fra un’ industria culturale sempre più popolare e avanguardia espressionista.

Per il “Chicago Sunday Tribune” realizzò la serie The Kin-der-Kids. Fu lo stesso, a presentarsi ironicamente nelle vesti di “famoso artista tedesco” sulla copertina del giornale, il 2 aprile 1906. Si raffigurò come un burattinaio nero che stringeva i fili con cui teneva sospesi i burattini ma era, a sua volta, un burattino con tanto di targhetta appesa all’orecchio. La ricerca dell’artista si basava sullo studio dei modi astratti della percezione, puntando sul rapporto tra ciò che l’occhio vede e ciò che la mente percepisce più o meno volontariamente. Nei suoi fumetti, usò la fiaba, inserendo atmosfere da incubo o improvvisi cambi di modalità percettiva e narrativa. In tale atteggiamento si collocava anche la sua volontà di guardare al quotidiano, al variopinto circo della vita, la rivisitazione del gotico identificabile nelle distorsioni e negli allungamenti, nelle spigolosità delle sue figure. Egli sapeva bene, come già sostenuto da Freud, che la comicità e la fiaba non sono mai innocenti, ma spalancano le porte di un mondo interiore ricco di sfaccettature, di demoni e di contaminazioni. Il tema della doppia visione, del doppio sogno per citare il capolavoro di Schnitzler, tra l’essere e l’apparire può essere l’emblema della Belle Époque, l’era che anticipò e sollecitò, in qualche modo, le inquietudini e le sperimentazioni alla base delle correnti artistiche del Novecento.

I monellacci di Feininger viaggiavano lungo un sentiero che era metafora della grande esplorazione della vita. L’espressività del pittore si riversò anche nella serie Wee Willie Winkie’s World, che narrava il percorso e la crescita di una bambina curiosa. Nell’Espressionismo, l’arte diventava il mezzo ideale per individuare una facoltà conoscitiva propria, distinta da quella razionale e condizionata da fattori esterni.Lo sguardo altrui diventava il fulcro della sperimentazione nell’epoca della facile riproducibilità tecnica, perché era nello sguardo del lettore che si manifestava la capacità di rendere dinamica la scansione dell’opera, sosteneva Feininger.

I Kin-der-Kids aprirono, così, la strada all’Espressionismo negli States. Per un periodo, l’artista si trasferì in Germania, dove fondò, insieme ad altri artisti la famosa Bauhaus. Sposato con un ‘ebrea, per sfuggire ai nazisti, tornò nella natia New York nel 1937, dove consolidò la sua fama. Negli anni Cinquanta si propose di concludere il suo fumetto, The Kin-der-Kids, ma morì nel 1956, prima di poter terminare il suo progetto. Feininger ha tracciato delle originali linee di sperimentazione, una sorta di sentiero guida per le successive generazioni di disegnatori, che concilia le forme istituzionali della comunicazione con l’espressione individuale. Un monito quanto mai attuale non solo fra i “non addetti ai lavori” , ma valido anche per coloro che stanno portando avanti il concetto di rivoluzione stando rintanati nel proprio salotto di casa, aperto i pochi fortunati “eletti” .

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.