Arte - Il caleidoscopio

“La notte del solstizio” di Pino Zecca presentato a Trecchina

di Eleonora Belfiore

É stato presentato a Trecchina, nella suggestiva piazza Madre Teresa di Calcutta, “La notte del solstizio”, nuova fatica letteraria di Pino Zecca, un libro avvincente  e complesso pubblicato dalla casa editrice Turisa.

Con lʼautore erano presenti il vicesindaco Fabio Marcante e la dottoressa Tania Cresci.

Lʼincontro è stato moderato dalla giornalista Eleonora Belfiore.

In un momento storico tanto difficile, tornare a fare cultura dal vivo, incontrarsi per parlare di letteratura e di arte, sembra davvero un miracolo.

Così, Pino Zecca regala al pubblico la sua ʻʻNotte dei miracoliʼʼ, titolo di una delle poesie più belle inserite in questo libro che attraversa con arguta leggerezza vari generi, per cercare il senso di una rinascita ancora possibile.

Ed è questa la chiave di lettura di unʼopera capace di appassionare i lettori fino allʼultima sorprendente pagina.

 “La notte del solstizio” prende il via in medias res, descrivendo i turbamenti di Adele, moglie umiliata in cerca di un riscatto. Per sé stessa e per il suo bambino autistico.

L’incipit diventa “il pretesto”, attuale e coltissimo per un viaggio tra sacro e profano, nel cuore di una città unica al mondo.

 “Manca qualche minuto a mezzanotte. Il quartiere Fuorigrotta è immerso in una nebbiolina mista a righe di pioggia sottile e insidiosa. Una figura femminile minuta, avvolta in un cappotto più grande di qualche taglia, berretto di lana fin sopra gli occhi, passo svelto e concitato, percorre il piazzale adiacente allo stadio San Paolo (ora stadio Diego Armando Maradona n.d.r)”.

Inizia in questo modo una storia che, come ha sottolineato la dottoressa Cresci delinea con mirabile sintesi il profilo psicologico di quattro affascinanti donne, desiderose di “ri-definirsi” e di fare finalmente squadra.

Adele, Elisabetta, Michela e Helèna fanno emergere aspetti diversi eppure complementari dell’animo femminile. Adele, per non deludere le aspettative degli altri, è precipitata in un incubo, Elisabetta, da psicologa, si prodiga costantemente per il prossimo e, nel farlo, mette a tacere un antico dolore, Michela si getta nel suo lavoro da poliziotta e indaga nelle vite altrui per non sentire dentro di sé il peso della solitudine, Helène balla e gioca con la seduzione per dimenticare i giorni tumultuosi della guerra a Sarajevo.

La violenza, in un certo senso, è il filo conduttore delle vicende. Un veleno che logora e annienta lentamente. Lʼautore invita ad andare oltre quel dolore, quella trappola per uccelli che ci tiene fatalmente in pugno per cercare un altro inizio.  

Dopo “Frammenti – Pensieri tra realtà e immaginazione” e “Così sono fatti gli Angeli – Versi d’amore e altre storie”, Pino Zecca esplora, a modo suo parafrasando il titolo di unʼaltra sua lirica, il giallo, dimostrando tutto il suo talento e una vena artistica sagace e malinconica.

 Lo scrittore coglie le due anime di Partenope, quella legata al sole, al mare, alla gioia di vivere e l’altra, più oscura e malinconica, che danza sinistra attorno alla bocca degli Inferi, quel lago d’Averno, dove si concentrano le pagine più belle e misteriose del romanzo. Pino Zecca firma un’opera accattivante, un noir non comune, che non disdegna momenti di deliziosa ironia, ad esempio, quando descrive il villain del libro, un “sedicente santone poco seducente” dai dubbi poteri malefici ma dalla sconfinata e pericolosa stupidità.

Perché il Male, come scriveva giustamente Hannah Arendt, è davvero una cosa banale…

La storia inizia in giorno scelto non a caso. Il 21 dicembre.

Secondo gli antichi Romani, il solstizio d’inverno annunciava la morte del Dio Sole e la sua imminente rinascita, una data fortemente evocativa che, come scrive Pino Zecca: “mi ha sempre affascinato. Forse perché si entra nella costellazione del Capricorno, un segno zodiacale a me caro, o forse perché, ipotesi più probabile la storia della mia città, secondo il filosofo Dicearco di Messina, inizia proprio all’alba del solstizio d’inverno.

Sin dalla sua tumultuosa genesi, come ha sottolineato lʼautore durante la presentazione, il capoluogo campano è territorio ideale per lo sviluppo di importanti culti esoterici, come quelli legati alla Dea egiziana Iside, signora della vita e della morte e protettrice dei naviganti. Il suo culto cominciò ad avere grande diffusione, in epoca bizantina. Non a caso, i resti di un antico tempio dedicato ad Iside sono stati rinvenuti nei pressi della statua del dio Nilo, nel centro storico di Napoli.

Ma è anche un testo che sottolinea lʼincanto delle parole, che costituiscono la magia più grande.

Infatti, nella premessa, lo scrittore confessa di aver iniziato questo romanzo nel marzo 2020 quando, paralizzati dalla paura e dalle incognite legate a una malattia sconosciuta, eravamo tutti bloccati in casa, annichiliti dal dolore. E pur tuttavia, proprio quelle parole che lentamente prendevano vita hanno dato allʼautore nuovo slancio.

Così, “La notte del solstizio” parla anche di questo.  E di voglia di ricominciare.

Ed è bello sentire di nuovo, sulla nostra pelle, il vento di questa irriducibile primavera, che continuiamo a sognare malgrado tutto.

“La notte del solstizio” è un’opera da leggere con attenzione.

Il libro è acquistabile presso la libreria Ubik di via Benedetto Croce – Napoli, la libreria Raffaello di via Kerberker e presso la Feltrinelli di Piazza dei Martiri; nei maggiori store on line (Amazon e Ibs) e sul sito della casa editrice Turisa.

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.