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La Giornata nazionale contro il bullismo: per dire ancora una volta no

Come nature morte in un tempo mitologico

Il 7 febbraio è la Giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo. Ed è una ferita che ancora sanguina. Troppo poco è stato fatto. per contrastare questo fenomeno odioso. Cʼè una suggestiva espressione che, oltre ad un suo felice utilizzo in ambito pittorico, riesce a racchiudere in modo emblematico il senso di una parabola esistenziale. Si tratta di “Still life”, termine inglese con cui si designa una “natura morta”.

Un inganno, un controsenso linguistico per indicare qualcosa che sfiorisce appena tolto dal suo habitat, come ben descrive la Treccani. Eppure, malgrado tutto, questo oggetto resiste, in qualche modo è ancora vivo, e guarda al futuro. Benché mutilato. Oltre il suo tempo.

La vittima di una violenza, sia essa fisica o verbale, è una natura morta.

Oggi, che ricorre la Giornata nazionale contro il bullismo, tutto sembra fatalmente riportare a questa metafora. Non è una giornata qualunque e, al tempo stesso, lo è drammaticamente. Lontano dalla mera retorica, troppo poco è stato fatto per sconfiggere questa piovra astuta.

Non è unʼesagerazione nevrastenica. Di bullismo si muore. E anche quando si riesce a sopravvivere, si resta imprigionati in un tempo sospeso, in una natura morta per lʼappunto. 

Certo, oggi parliamo finalmente di bullismo. Con molta ampollosità e tanto pregiudizio. I più parlano senza cognizione di causa, per sentito dire, affrontando la questione come si affronterebbe una leggenda. Ma il bullismo non è un racconto mitologico.

La scuola è spesso la fucina di quelll’inferno, il luogo dove ti insegnano che la diversità è il male assoluto, che la competitività e  il sapere nozionistico trionfano sul Genio. Se hai la fortuna di conoscere bravi insegnanti, riesci a superare questo impasse e la prospettiva si amplia gioiosamente. Se incappi in un cattivo maestro, invece, resti bloccato in questo limbo di mediocrità umana e scolastica. 

Una volta, in un manuale lessi questo abominio: “Solo chi ha un carattere forte, capace di imporre il proprio potere, può diventare un bullo”.

E lʼorrore, lo sgomento, la rabbia, ora come allora, mi fanno sobbalzare.

Perché questo ribaltamento indecoroso dei ruoli? Non riesco a trovare risposta, ma la mente vaga e divaga. Troppo. Poi, la rabbia, la voglia di gridare, di cambiare le cose, prendono di nuovo il sopravvento; è lo slancio vitale che vuole annullare l’illogicità, sebbene fiera, di una natura morta, la crudeltà di un mondo alla rovescia. L’abuso di natura non sessuale, altera per sempre il corso di un’esistenza. La spezza.

Nature morte nell’anima e farfalle ardimentose che volano nei meandri di una mente che continua a sognare cose belle e un finale diverso. Così si sentono le vittime, soprattutto quelle che hanno subito atti di bullismo, facili prede della notte e di una costante scissione interna.

 Nel cuore della persona abusata si crea una voragine, una frattura, una lacerazione che produce una doppia anima. Luci e tenebre, vita e morte, i grandi contrasti della vita vengono decuplicati. Si forma un secondo cervello nel cuore, che aziona un meccanismo costante di protezione che spesso salva, ma qualche volta condanna.

Nulla è stato fatto per spezzare questa catena. La denuncia, se non è sostenuta da una rete di supporto, se la vittima non viene creduta e viene lasciata sola, se non vengono inasprite punizioni e pene, purtroppo non basta. La scuola contemporanea parla tanto e non mette in pratica.

“Solo chi ha un carattere forte, capace di imporre il proprio potere, può diventare un bullo”.

Mi rifiutai di utilizzare, di scegliere questa espressione per risolvere la domanda di un quiz meschino. Eppure, questa affermazione oscena è ancora adesso sintomatica di un diffuso pregiudizio, alimentato – mi dispiace dirlo anche e soprattutto da coloro che dovrebbero, per professionalità e per rigore deontologico, spezzare questo circolo vizioso. Si pensa, a torto, che il bullo sia il ganzo gaudente, brillante e sagace, e la vittima l’elemento debole. Così, con colpevole complicità, osanniamo l’influencer che prende in giro i disabili invece di darle quattro sberle benedette, come scriveva Andrea Vitali in uno splendido libro, esaltiamo la fragilità della generazione cresciuta a latte e biscottino e poi non siamo capaci di dire una parola in difesa della vittima di turno.

Si scambia una condizione di difficoltà, momentanea o permanente, per una di minorità quando mi sembra evidente che quest’ultima sia insita nel DNA del bullo di turno. Un errore lessicale, semantico, morale, che porta inevitabilmente alla tragedia.

Ed invece, occorre insegnare alle nuove generazioni che l’elemento debole è il bullo, la sua codardia e la sua bulimica necessità di ricercare spasmodicamente il consenso della collettività sono segni di una spiccata labilità psichica e umana.

E se noi non abbiamo il coraggio lottare per un ribaltamento dei ruoli, non spezzeremo mai l’infame catena. La vittima è forte. Per quello che subisce, per il suo porsi eroicamente contro i Titani, anche sapendo di andare incontro alla disfatta. È Ettore che sfida l’arrogante Achille, protetto stolidamente dagli dei.

Il bullismo non è un gioco, non è una parentesi poco piacevole, è un delitto, una piovra composta da mille tentacoli e ognuno di questi si anima e diventa un mostro crudele che non lascia scampo. E allora, per sconfiggere i demoni della notte, bisogna urlare, strepitare e sorridere. Sorridere tanto. Anche se si ha la morte nel cuore. Fare di quella vita spezzata un monumento, reprimere l’impulso di farla finita e vivere, bene, danzare, anche nella tempesta, anche quando tutto attorno sta crollando. A testa alta e nel nome di quel coraggio, di quella irriducibile primavera, che è nel cuore di ogni persona che subisce un abuso. E alle vittime, dico, siate farfalle. Volate lontano, verso un Nuovo Mondo. Senza dimenticare.

Per onorare i fiori recisi e per salvare quelli che verranno.

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.