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Arte - Il caleidoscopio

Dalì, il Fato e il dettaglio perduto nelle pieghe del Tempo

Oggi, per la nostra rubrica “Il caleidoscopio”, dedicata alla Storia dell’Arte , parleremo di un argomento a me molto caro, in chiave “artistica”: il Fato. Lʼarte di Salvador Dalì, personaggio non facile ma di certo determinante per la cultura contemporanea, è segnata – in un certo senso – dal tema del destino.

Non tutti sanno che venne colpito da due eventi traumatici: la perdita del fratello maggiore, morto di meningite e la dipartita prematura della madre, avvenuta quando lui aveva poco più di sedici anni. Non solo…Allʼetà di cinque anni, Dalí fu condotto sulla tomba del fratello dai genitori, i quali gli fecero credere di esserne la reincarnazione, innescando in lui una parabola discendente di incubi, deliri e visoni, fino ad arrivare allʼesaurimento nervoso. Molto dopo, a proposito di questo lutto, scriverà: ʻʻCi somigliavamo come due gocce d’acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me, ma concepito in termini assolutiʼʼ. Dalì era talmente afflitto dalla morte di suo fratello che per anni, di notte, continuò a recarsi sulla sua tomba. Come i personaggi dello splendido “D’entre les morts”, scritto da Thomas Narcejac e Pierre Boileau (da cui il film ʻʻVertigoʼʼ, diretto da Hitchcook, il quale – sempre a proposito di destino – collaborerà con Dalì per la realizzazione di un altro capolavoro, ʻʻIo ti salveròʼʼ), anche l’artista catalano danzò tutta la vita ʻʻtra e dentro i mortiʼʼ. Suoi, non a caso, i magnifici disegni del cortometraggio della Disney “Destino”.

Perverso e paranoico. Come il titolo del volume, edito dalla casa editrice “Il Saggiatore”, che raccoglie i suoi testi scritti negli anni Trenta.Salvador Dalì nacque a Figueres nel 1904 e spese la sua vita in una folla corsa per diventare, egli stesso, nel bene e nel male, ʻʻArteʼʼ. Inevitabile e quasi predestinato, lʼapprodo al Surrealismo, corrente artistica che nacque come rappresentazione del subconscio e come opposizione agli orrori della guerra e della “razionalità” e, in un certo senso, dal capovolgimento del significato della famosa opera “Il sonno della ragione produce mostri” di Goya (Ma li produce davvero? O è la realtà a produrre il Leviatano?). Eclettico, provocatore, irriverente, controverso, per nulla misurato.Sulla valutazione complessiva del genio catalano pesano radicate connotazioni negative: il suo essere uno snob, le presunte (ma sempre smentite) simpatie per i regimi fascisti, la sua ambizione smodata, tanto da essere prima “processato” e poi allontanato dai Surrealisti, con cui aveva condiviso un notevole pezzetto di strada. Proprio il teorico di questa corrente, André Breton, lo definì: “Avida Dollars”, un anagramma che poneva in luce la ricerca ossessiva di successo, fama, gloria e denaro dell’ex amico, ma anche, implicitamente, la sua innata capacità di trasformare in oro tutto ciò che toccava, andando oltre i famosi quindici minuti di celebrità profetizzati, poi, da Andy Warhol.

Nel suo universo artistico ogni rigida distinzione intellettuale, ogni categoria, persino il più ovvio rapporto di causa-effetto sembra dichiararsi «altro» da sé. L’inorganico trapassa improvvisamente nell’organico, istinto sessuale, necrofilo e alimentare si fondono, mentre Freud e Einstein vengono eletti successori di maghi e alchimisti per aver dimostrato – ciascuno a modo suo – che la materia è instabile. In questa affannosa ricerca, a giudizio di chi scrive, non manca, tuttavia, un filo di melanconia per la caducità della vita e persino degli affetti. Perché i cinici sono davvero i peggiori sentimentali. Un monito, questo di Dalì, davvero universale.Il suo mondo è, così, dominato dai fili del Destino e dalla paranoia, il vero motore delle sue opere e che consiste nell’interpretazione e restituzione impersonale dei fenomeni deliranti.

La paranoia crea un enigma nella tela e ci porta a riflettere sull’inevitabilità del Destino e sullʼimpossibilità di giungere ad una qualsiasi forma di “verità rivelata”. Mille occhi vedranno mille diverse realtà e queste realtà sfumeranno, dando vita ad altre immagini. Ma non sono immagini casuali, sembra volerci dire il pittore. Qualcosa di più grande e di inarrestabile si muove sopra di noi.Ed è proprio grazie a Dalì se si è fatta, almeno parzialmente, luce su una delle opere più inquietanti della storia dell’umanità: ʻʻL’Angelusʼʼ.

ʻʻL’Angelusʼʼ di Jean-François Millet è un dipinto realizzato tra il 1857 ed il 1859. L’artista raffigurò il momento della preghiera serale di due contadini, al termine della dura giornata di lavoro nei campi. Ma Salvador Dalì osservando il quadro in modo ossessivo e turbato inspiegabilmente da quell’immagine si convinse che la scena rappresentasse invece una veglia funebre sulla bara di un bambino, posta ai piedi dei due contadini e poi cancellata. Dunque, preghiera della sera o compianto sulla tomba di un bambino?Dalì avviò una ricerca spasmodica per giungere alla verità sul quadro, vicenda raccontata nel suo libro: ʻʻIl tragico mito dell’Angelus di Millet”.Anche questo fu un modo per esorcizzare il dramma infantile di quella bara che scendeva, lenta, nella terra… In virtù della propria notorietà, ottenne facilmente dal Louvre, nel 1963, l’autorizzazione per far eseguire una radiografia sulla tela per comprendere se la bara fosse stata realmente dipinta e poi trasformata in una cesta. In effetti, la radiografia mostrò la presenza sottostante di un parallelepipedo, quasi sicuramente una cassa. Secondo la ricostruzione storica fatta a seguito di questa scoperta, il dettaglio della presunta bara, considerato forse troppo macabro, potrebbe allora essere stato rifiutato dai committenti dell’opera, costringendo Millet ad apportare la modifica. Con il passare del tempo, l’idea di Dalì venne ridimensionata. Forse il dettaglio eliminato era semplicemente una cassa, forse un cesto…

Tuttavia, nell’osservare il quadro permane la sensazione che non tutto sia stato detto a proposito di questa storia.Il senso di immobilità, la visione dal basso e i bagliori dorati del tramonto che stanno per essere inghiottiti dalle ombre viola della sera sono elementi espressivi che concorrono a costruire la solennità e il clima spirituale della scena, ma anche quel vago senso di inquietudine che provano tutti coloro che osservano questo dipinto. Perché la realtà nasconde sempre una doppia chiave di lettura e il passato condiziona sempre, in un modo o nell’altro, il nostro avvenire.

Immagini:

Foto di Salvador Dalì

Fotogramma tratto da “Destino”, cortometraggio realizzato da Dalì per la Disney

Fotogramma tratto da “Io ti salverò”

L’Angelus di Millet

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.