Arte - Il caleidoscopio,  Le ragazze di EleArt - la linea rosa dell'arte

Le ragazze di EleArt – La linea rosa dell’Arte

Le ragazze di EleArt – La linea rosa dell’ Arte

Il 25 novembre, si sa, ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le Donne, una lotta che non si ferma e che continua tutto l’anno, contro ogni forma di abuso e di discriminazione nei confronti della Donna. Troppo spesso vituperata, l’altra metà del cielo, è da sempre desiderosa di un riscatto che non dovrebbe neppure essere ricercato. Perché, fra tutte, la Donna è la creatura più sublime e complessa, metafora stessa della Vita. Invece, ancora oggi, le donne fanno fatica a trovare la propria strada, il proprio posto nel mondo, e il loro cammino è irto di ostacoli. Spesso non riescono a fare gruppo e questo difetto le espone ancora di più alle cattiverie e ai soprusi.

Eppure, da secoli, vanno avanti a testa alta, fiere e magnifiche, sfidando nemici implacabili e pregiudizi.

Così, ho pensato di inaugurare una rubrica per parlare della “linea rosa dell’Arte”, in tutte le sue deliziose e, a volte, perturbanti, sfumature.

Affronterò la storia affascinante e tumultuosa di artiste di grande valore, in grado di farsi strada in un mondo giudicato, apparentemente, solo per uomini, capaci di passare con audacia dall’altra parte della tela, per lasciare la propria firma.

Perché il coraggio è sempre Donna.

Il primo appuntamento di questo ciclo è dedicato alla vita della divina Tamara de Lempicka.

Tamara, la Superba

Gli anni tra i due conflitti mondiali sono stati lo sfondo ideale di decine di scandali, storie più o meno luttuose e romantiche, che vedono per protagonisti figure eccentriche che inseguono, spesso a caro prezzo, il sogno della modernità.

Tamara de Lempicka, la ʻʻDea dagli occhi di acciaio nellʼera dellʼautomobileʼʼ come la definì nel 1978 il New York Times, è lʼicona che meglio rappresenta le atmosfere dei ʻʻruggenti anni Ventiʼʼ.

Fiera, spregiudicata e disinibita, non esita a sfruttare il suo indubbio fascino per ottenere ciò che vuole. Dichiaratamente bisessuale e dipendente dalle droghe, vittima sin da ragazza di una depressione che annulla ogni promessa di felicità, frequenta ricchi uomini per ottenere favori e prestigio. Il suo stile rientra nella cosiddetta corrente dellʼArt Déco, con tocchi personalissimi.

Tamara incarna la donna moderna, consapevole del proprio potenziale seduttivo e delle proprie fragilità.

Verde come il veleno delle fate. E rosso, come il sangue, l’amore e la vita. Questi i colori prediletti da Tamara.

La pittrice nasce il 16 maggio 1898 a Varsavia. Ha sempre celato la sua vita privata dietro un velo di mistero e di piccole bugie, dette forse più per sopravvivere in un mondo spietato che per alimentare il suo mito. Suo padre non abbandona misteriosamente la famiglia, come da lei spesso dichiara, ma si suicida. Sappiamo che inizia a dipingere da bambina e che al seguito della nonna, viaggia molto. Soggiorna per un po’ in Italia, rimanendo folgorata, a mio avviso, dallʼarte fortemente plastica e vibrante del Michelangelo pittore, unʼinfluenza, ancora poco analizzata, e che invece ritorna palesemente – sempre a giudizio di chi scrive – nelle sue tele.

Studia prima a Losanna e poi in un prestigioso collegio di Rydzyna (in Polonia). Interrotti gli studi, sposa lʼavvocato Tadeusz Lempicki nel 1916 e si trasferisce a San Pietroburgo. Il matrimonio è infelice, anche se il marito resterà il grande amore della sua vita. Entrambi passano da una relazione extraconiugale allʼaltra. Tuttavia, sarà proprio Tamara, concedendosi al console svedese di Pietrogrado, a restituire la libertà a Tadeusz, catturato dai bolscevichi. I coniugi si trasferiscono a Parigi dove, nel 1920, nasce Kizette, la loro adorata figlia. Lo stesso anno, Tamara inizia a studiare pittura alla Académie de la Grande Chaumiere e nel 1922 espone per la prima volta al Salon d’Automne. Nel 1925 parte con la madre e la figlia per l’Italia. A Milano incontra il conte Emanuele Castelbarco, proprietario della galleria d’arte Bottega di poesia, che le organizza la sua prima mostra personale. Durante la sua permanenza nel nostro Paese conosce Gabriele D’Annunzio che le chiede un ritratto e la ospita nella sua sontuosa villa sul lago di Garda, il Vittoriale. La pittrice lo definisce “un disgustoso nano deforme”. Di sicuro, D’Annunzio è un noto depravato (e qui, dovete perdonare il giudizio personale poco lusinghiero. Tuttavia, a sostegno della mia opinione, parlano le fonti e le testimonianze coeve).

Ad ogni modo, la nostra eroina vuole sfruttare la corte serrata “dell’uomo del futuro” e accetta l’invito del Vate facendogli credere, con un fitto scambio di lettere e telegrammi, di esserne sessualmente attratta. Dopo dieci giorni da incubo e vari tentativi di ‘assalto’ da parte dell’uomo, che tenta addirittura di drogarla pur di approfittarsi di lei, la notte in cui D’Annunzio si presenta, non invitato, nella sua camera da letto con la sua valigetta degli “attrezzi” per fare sesso (oli, profumi, altra cocaina e… oggettistica varia), lei gli lancia contro tela e cavalletto, e fugge via. Ritorna dal marito, per poi divorziare nel 1928.

Qualche anno dopo, si innamora del barone Raoul Kuffner, un grande collezionista e estimatore delle sue opere, con cui inizia una relazione e che poi sposerà. Malgrado la stabilità emotiva di questi anni, quando apprenderà della morte prematura del suo ex marito, cadrà in una profonda crisi esistenziale che la porterà ad una sincera conversione religiosa. Sosterrà numerose iniziative benefiche, senza mai abbandonare il suo lavoro. Ma il suo stile pittorico cambia per sempre e il mondo dell’ arte, che non perdona cambi di rotta in un sentiero già prestabilito, inizia a dimenticarla. Per sfuggire ai nazisti, scappa con il marito e la figlia negli Stati Uniti, a New York. Nel 1962 si trasferisce, dopo la morte di Kuffner, per infarto, a Houston.

Sviluppa una nuova tecnica consistente nell’utilizzo della spatola al posto del pennello, avvicinandosi all’arte astratta. Le nuove opere vengono accolte freddamente dalla critica, tanto che la pittrice giura di non esporre più i suoi lavori in pubblico, ma una grande mostra antologica, organizzata presso la Galerie du Luxembourg nel 1972, la riporta al successo. Nel 1978 si trasferisce a Cuevernaca, in Messico, dove sposerà un uomo molto più giovane di lei. Muore nel sonno, il 18 marzo 1980. Il suo corpo viene cremato e le ceneri sparse sul vulcano Popocatepetl, lo stesso che la pittrice vedeva, un tempo, dalla finestra di casa.

Ancora oggi, le donne di Tamara de Lempicka ci sembrano algide sovrane, cristalizzate in un narcisismo esasperato ed esasperante, signore che non conoscono lacerazioni o sofferenze interiori. Ma i loro sguardi sono carichi di malinconia per una vita diversa sempre bramata e mai ottenuta, rivolti in direzione di un altrove sconosciuto, forse attratti da uno specchio magico in cui si riflettono le acque di un oceano insondabile.

Immagine di copertina: EleArt’s Creation

Immagine rielaborata da: https://www.pinterest.it/pin/111675265746705257/

Foto di Tamara de Lempicka di pubblico dominio presa da: https://lt.wikipedia.org/wiki/Tamara_de_Lempicka

Opere Pittoriche: Autoritratto sulla Bugatti verde – immagine di pubblico dominio presa da: https://lt.wikipedia.org/wiki/Vaizdas:Tamara_de_Lempicka.jpg

https://www.wikiart.org/en/tamara-de-lempicka/group-of-four-nudes-1925

https://www.wikiart.org/en/tamara-de-lempicka/portrait-in-the-green

https://www.wikiart.org/en/tamara-de-lempicka/the-green-turban-1930

https://www.wikiart.org/en/tamara-de-lempicka/in-the-middle-of-summer-1928

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.