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Intervista a Daniela Merola, autrice dell’intenso libro “La giusta via”, edito da LFA Publisher

Daniela Merola, giornalista, esperta di comunicazione e blogger, è l’autrice di “La giusta via”, un avvincente romanzo edito dalla LFA, affermata casa editrice campana, che da anni ha puntato tutto sulla qualità delle sue pubblicazioni e che agisce in un territorio non certo facile. Il testo racconta le vicissitudini di Margherita che perde prematuramente il padre e resta imprigionata in questo lutto mai rielaborato. Questo pregiudicherà i suoi rapporti. Un giorno incontra Augusto, un giovane broker tormentato. Con lui vivrà un’intensa passione che pur tuttavia la dilanierà fino al sorprendente, spiazzante, finale. Un romanzo che, come scrive la giornalista Anna Copertino ci condurrà lungo “dure vie, contro il tempo, più o meno parallelo”.

 La seconda fatica letteraria di Daniela Merola è, dunque, un testo che parla delle cicatrici del nostro cuore, quelle che ci portiamo dentro e di come siano in grado, in un certo senso, di tracciare la storia che verrà. Ma è davvero possibile trovare, allora, una “giusta via”? E a quale prezzo?

Ai lettori il compito di scoprirlo.

  1. Benvenuta in questo spazio, Daniela. Ci vuoi parlare un po’ di questo romanzo. Come nasce e che cosa vuoi trasmettere ai lettori?

Il romanzo “La giusta via” nasce all’improvviso, come tutto ciò che scrivo, nasce dalla necessità di portare su carta una storia che capto nella mia mente e che spinge per venir fuori. È sempre così per me, scrivere è raptus narrativo, è sfogo mentale immediato. Ai lettori voglio trasmettere storie di personaggi combattuti, sporchi, scorretti anche, a volte buoni, a volte cattivi, comunque imperfetti e vissuti, storie di uomini e donne che combattono per trovare anche solo un attimo di felicità. Quello che mi preme trasmettere è l’immediatezza di un testo vero, scritto da me, senza troppe sovrastrutture, storie dove ci si possa tutti riconoscere.

  • Napoli non è soltanto un mero sfondo, ma sembra essere una protagonista piuttosto ingombrante, che reclama spazio e attenzione. Ci puoi descrivere il tuo rapporto con questa città così complessa e inquieta? 

Il romanzo “La giusta via” è anche un omaggio alla città, in modo particolare con il personaggio di Aquilina De Scorciatis. Napoli per me innanzitutto non è retorica, è spoglia di tutte quelle caratteristiche su cui marciano tanti scrittori, io la vedo come una donna che ammalia, affascinante e muta, ha quel dono incredibile di nascondersi, di camuffarsi, di reinventarsi che mi sorprende sempre. Il mio è un rapporto lucido, senza illusioni, Napoli la vedo così com’è, con i pregi, molti, e i difetti, troppi, dovuti ad amministrazioni becere e ad una fetta di popolazione a cui non si riesce a far capire le regole. Quindi ti dico che il mio rapporto con Napoli è di autentica veridicità, non ho bisogno di decantarla, Napoli parla da sola.

  • Possiamo imparare dal passato? Una domanda che, visti i tempi bui che stiamo vivendo, sembra quasi presupporre una risposta inevitabilmente negativa. Tu che ne pensi?

Dal passato impara solo chi ha capito gli errori e vuole rimediare, altrimenti il passato è solo una zavorra inutile. Sono pessimista a tal proposito.

  • Il tuo romanzo offre diverse chiavi di lettura e numerosi spunti di riflessione. Io dico che è un viaggio nelle regioni del nostro cuore, alla ricerca del senso delle relazioni umane. Che cosa può insegnarci la storia di Margherita?

Grazie per aver colto questa chiave di lettura, mi piace molto. La storia di Margherita Sossio insegna che tutti abbiamo una giusta via da seguire, un cammino alternativo, che ci allontani dal dolore e ci riporti ad una dimensione di pace e amore. Difficile percorrere la giusta via perché significa anche essere disposti al sacrificio.

  • Ho apprezzato l’inquietante Aquilina. Un tocco dark in un’opera ricca di significati, anche esoterici, spirituali e ultraterreni. Vuoi dirci qualche parola in più su questo personaggio, questa strega di nobili origini che lancia un monito ben preciso alla protagonista e che resta inascoltato. Secondo te, perché non ascoltiamo i segni del Destino? Si ha quasi l’impressione, leggendo il tuo libro, che il banco vinca sempre. È così?

Hai centrato un altro focus fondamentale del romanzo e questo mi onora. Sì, Aquilina è l’ignoto, è il mistero della vita, rappresenta un’anima magica che indirizza Margherita in una direzione più reale, forse è il destino che vuole aiutarla, inascoltato e espulso dalla logica mentale della protagonista. Credo che ci sono dei segnali che noi riceviamo durante la vita, chiamale se vuoi percezioni, che ci possono far riflettere meglio sulle nostre scelte di vita, se vengono ascoltate. Margherita doveva seguire il suo binario e non ha riconosciuto in Aquilina un segnale positivo.

  • Mi ha colpito profondamente la frase: “La felicità non esiste, esiste la possibilità di inventarsela per non sprofondare nell’oblio”. La giudico, nella sua brutalità, estremamente vera. Che rapporto abbiamo noi con ‘la giusta via’? Essa è veramente salvezza o sogno di una salvezza?

Noi abbiamo un rapporto di paura con “la giusta via” perché rappresenta l’ignoto, il coraggio che non abbiamo, un desiderio di cui non ci fidiamo. Se lo facessimo potremmo raggiungere la felicità,oppure no. Essa si manifesta come un sogno e pretende tutto da noi. Margherita ritorna bambina per ritrovare l’amato papà, ha solo un abitino bianco e ciabatte consunte perché ha camminato tanto.

  • La tua opera ci porta a scoprire e riscoprire alcuni importanti, ma spesso sottovalutati, artisti nostrani. Penso a Belisario Corenzio e a Giovanni Boldini. Cosa rappresentano all’interno di questa trama così sofisticata questi due artisti e cosa pensi possa ancora insegnarci l’Arte?

Per me l’arte è vita, è luce e buio, è dannazione e beatitudine. All’interno della storia de “la giusta via” l’arte è il sale che dà sapore alla vita da adulta di Margherita e non solo, ma anche di sua mamma Gemma Torton, è un porto sicuro dove ritrovare lucidità, dove sentire che il sangue scorre nelle vene. Belisario Corenzio in questa trama rappresenta la scoperta che sotto l’incuria e l’abbandono ci può essere ancora un cuore che pulsa, in questo caso quello dei protagonisti, e Giovanni Boldini è l’ispiratore delle sembianze di Margherita. Appena ho visto questo ritratto ho capito che era Margherita la donna ritratta, con lo sguardo che si sottrae alla vista di chi guarda, catapultata lontano, dove la vita crudele non possa trovarla.

  • Chiudiamo questa intervista con la domanda di rito. Prossimi progetti editoriali?

Sto scrivendo il terzo romanzo che sarà uno psico-thriller, una storia che ci porterà a riflettere sul fatto del conoscere davvero chi ci vive accanto. Noi veramente conosciamo la mente di chi frequentiamo? Oppure possono sorprenderci con azioni inaspettate? Quante personalità si possono avere? Direi che sono a buon punto con la narrazione.  Io aspetto che gli stessi personaggi mi indichino il finale adatto, attendo che le loro azioni mi disturbino nel mentre dormo, per poi al mattino correre come una folle per cercare carta e penna e fermare ciò che mi hanno trasmesso.

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.