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Il secolo di ferro negli occhi di Vermeer, la “Sfinge di Delft”

Un doodle di Google celebra oggi il 26esimo anniversario dell’apertura della mostra dedicata a Johannes – JanVermeer alla National Gallery of Art di Washington. Un’occasione irripetibile che segnò l’inizio della fortuna, decisamente postuma, del pittore olandese.

Geniale, controcorrente, enigmatico, con il suo sguardo attento e riservato, Jan Vermeer ci fornisce uno scatto inquieto di quello strano secolo, sospeso fra buio e luce, eccessi e introspezione che è il Seicento, definito dagli storici per la sua funesta carrellata di guerre, epidemie e drammi (ma anche di forte resistenza sociale agli eventi luttuosi come dimostrano le vivaci vicende artistiche di quegli anni) il secolo di ferro.

Nato a Delft, florido centro culturale, nel 1632, il pittore si formò sul solco della grande scuola fiamminga dalla quale però si distaccò ben presto. Caravaggio e Rembrandt i suoi maestri, che egli seppe reinterpretare in modo del tutto autonomo. Nel 1641, i genitori di Vermeer acquistarono la Mechelen, la locanda di famiglia che venne poi ereditata dal pittore. Johannes sposò, giovanissimo, una donna molto ricca, di nome Catharina, che gli diede ben 14 figli. Poté così dedicarsi alla pittura a tempo pieno, senza eccessive preoccupazioni economiche.

Tuttavia, lʼ’invasione della Repubblica Olandese da parte dei francesi, condusse Vermeer alla bancarotta.

Come sempre la piccola storia personale si confonde e si interseca con la Grande e la fine di Johannes Vermeer può dunque essere collegata alla guerra che Luigi XIV mosse all’Olanda nel 1672 e che gettò il Paese in una crisi economica senza precedenti. Il pittore di Delft si ritrovò senza alcuna certezza, oberato di lavoro e di affanni.

Come disse la moglie, morì da un giorno all’altro. Forse per un infarto causato dallo stress.

Tempi antichi, verrebbe da dire e invece la teoria dell’eterno ritorno di Vico e di Nietzsche trova il suo compimento ideale in questi bizzarri giorni contemporanei che stiamo vivendo.

Vermeer è stato precursore geniale di tecniche artistiche (utilizzò, infatti, per le sue composizioni la camera oscura, una sorta di antenata della macchina fotografica, anche se non vi è giudizio univoco da parte degli storici dell’arte su questo punto).

Di sicuro, la sua pittura fatta di rapidi tocchi, di piccoli punti e di gocce di colore puro accostate con sapienza, anticipò le rivoluzionarie sperimentazioni artistiche della seconda metà dell’Ottocento. Proprio in questa epoca, un critico d’arte francese, Thèophile Thorè – Bürger, nel 1866, portò all’attenzione mondiale il pittore olandese, da lui definito “la Sfinge di Delft”

Nelle sue tele, Jan Vermeer usò spesso pigmenti molto costosi come il lapislazzuli e il blu oltremare che davano ai suoi dipinti una luce particolarmente suggestiva.

La sua arte passa più per Venezia che per Firenze (parafrasando un celebre gioco letterario che per anni vide contrapposte le due città e i suoi illustri artisti, i primi – i veneziani- che a detta dei fiorentini non sapevano disegnare e i secondi che – a detta dei rivali – non sapevano colorare).

  Non tutti sanno che un celebre dipinto di Vermeer,  La donna con il liuto,  è stato esposto per un periodo compreso fra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 presso il Museo di Capodimonte di Napoli, prima di far rientro a New York e, più precisamente, al Metropolitan Museum.

Su di lui, le parole più belle restano quelle espresse dal grande poeta Giuseppe Ungaretti, che, con la sua sensibilità, seppe cogliere la vera essenza di questo pittore: ʻʻ”Difatti cercava la luce. Si veda com’essa vibri, per lui dai vetri, com’essa muova l’ombra, ombra della luce, ombra quasi impalpabile di ciglia mentre lo sguardo amato si socchiude, sguardo quasi – nel suo protrarsi nella memoria e nel desiderio – imitasse il segno dell’ombra”ʼ. 

Ma la luce nei dipinti di Vermeer definisce soprattutto la caducità delle nostre vite e la preziosità, proprio per questo, di ogni singolo attimo.

Immagini di pubblico dominio prese da Wikipedia

In copertina: “Giovane donna assopita”

Poi, in ordine, nel testo: “La lattaia”, “Il pittore e la sua modella”, “Strada di Delft”, “Ragazza intenta a leggere alla finestra”

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.