I racconti della kokeshi blu

È STATO UN ATTO CONTRO LA PLUTOCRAZIA!

(UN RACCONTO DI NATALE POLITICAMENTE SCORRETTO)

I racconti della kokeshi blu

Cari adepti, la kokeshi blu vuole farvi gli auguri di buon Natale, con la speranza che il vento possa cambiare per tutti noi. Per l’occasione, ha deciso di regalarvi questo racconto molto cattivo, pubblicato recentemente anche all’interno dell’antologia “Natale Horror 2020” (LetteraturaHorror.it). Perché siamo coerentemente dark tutto l’anno. Con questo racconto, la kokeshi vi presenterà un nuovo amico, Elfo n.8, disegnato da una bravissima disegnatrice d’eccezione, Sara. Lei, la malefica signorina nipponica, spera che la stramba avventura di Elfo n.8 possa rappresentare l’inizio di una nuova, funambolica,saga letteraria. Staremo a vedere! E che il canto gioiosamente malefico delle kokeshi possa accompagnarvi durante la lettura!

E va bene.

Il lurido ciccione infame era morto.

Ma era stato un incidente.

“È stata una mancata coordinazione muscolare, nient’altro. Soltanto qualche chilogrammo di energia in più per secondo, per secondo!” continuava a ripetere a sé stesso, il piccolo Elfo n.8, facendo indebitamente sue le parole che erano state di Jack Torrance in “Shining”.

Quanto aveva amato quel film!

 Tuttavia, ora non poteva lasciarsi andare a divagazioni cinematografiche e letterarie colte.

Aveva un problema. E piuttosto serio.

Il vecchio era lì, con la faccia immersa nella zuppa di farro biologico. L’oggetto del delitto, un pesante Amorino in marmo di Carrara, deliziosamente kitsch, giaceva a terra, insanguinato, trionfante nel suo orgoglio demodé.

L’orologio tirolese, intanto, faceva tic toc e gli ricordava che gli altri sarebbero giunti da lì a poco per dar vita alla lunga maratona consumistica di Natale.

Già, gli altri…

 Nessuno di loro aveva un nome. Vivevano tutti insieme nel compound, lavorando alacremente alle direttive di Babbo Natale che, dagli altoparlanti del suo lussuoso ufficio, li incitava ad aumentare il ritmo della produzione.

La vita, per gli elfi, era più facile quando erano al servizio della Befana, la strega amatissima. Poi, era arrivata la fusione con la grande ditta americana, in forte espansione internazionale, che aveva imposto il proprio uomo.

“Oh, oh, oh”… aggiunse, l’elfo, alle proprie elucubrazioni.

Ecco, la sbornia lacrimosa alimentava i suoi sensi di colpa per l’atroce crimine e lo faceva parlare come il dipartito plutocratico!

Lo odiava. Lo aveva sempre odiato!

Eppure, quando aveva bussato alla sua casetta, era così felice.

Non aveva mai vinto niente nella sua misera esistenza. Tranne quella lotteria.

Babbo Natale (meglio conosciuto come Santa Claus) era solito indirne una, ogni anno, per incentivare la coesione sociale e far dimenticare ai suoi cari impiegati i numerosi arretrati. Per l’occasione, gli elfi (che erano creature docili, poco sveglie e scarsamente inclini al rancore), devolvevano spontaneamente, molto spontaneamente, la propria tredicesima per partecipare a quel rito collettivo, vissuto con mistica trepidazione. Il premio consisteva in una luculliana cena con Babbo Natale, poco prima della fatidica partenza, nella sua umile dimora. 

Ma lui, Elfo n.8, era sempre stato diverso degli altri. Tignoso, perennemente imbronciato, diffidente e sospettoso, sapeva bene che il libro paga del loro capo era pieno di falsità! Eppure, quando la sorte aveva baciato lui, il settimo di una lunga carrellata di elfi, il figlio più brutto della nidiata (bisognava dirlo, con quel viso tempestato di lentiggini, di un verde spento, le orecchie così poco a punta, non era certo un bel vedere!), non aveva potuto evitare un moto di demagogica rivalsa!

Armato di dono (l’educazione, prima di tutto!) si era diretto tutto impettito a casa di Santa Claus.  Avevano gozzovigliato con ostriche, champagne e zuppe bio (erano tanto chic!) come due buoni amici, quando era accaduta la tragedia.

Al momento di scartare il dono, infatti, Babbo Natale aveva scoperto che il regalo consisteva in una palla da hockey firmata da Aatami Gruppenwald, il celebre campione della Smurnenfaut!   

Orrore!

Lui, Santa Claus, era tifoso della squadra rivale, i Muffengramp.

 Come aveva osato, il marrano, pensò con altezzosa superiorità lo sporco capitalista!

Era nata una disputa sportiva in cui erano volati insulti e accuse reciproche di presunte irregolarità.

Il vecchio, allora, aveva guardato con sommo disprezzo l’elfo e aveva apostrofato la di lui madre con un epiteto irripetibile.

E poiché la mamma è sempre la mamma, benché sciagurata e di facili costumi, Elfo n.8, brandendo un cosciotto di pollo, aveva intimato al suo capo di ritirare quanto detto.

Ma il ciccione aveva rincarato la dose: “I tuoi pacchetti fanno schifo quasi quanto quell’Aatami del piffero! Oh,oh,oh,oh!!!”. E aveva ruttato.

E poiché l’Elfo n.8 era disposto a ingoiare bocconi amari su bocconi amari, ma guai a parlare male della sua professionalità (aveva vinto per tre anni consecutivi il premio come “miglior impiegato della catena”) , quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Il suo viso virò dal verde incerto al porpora nipponico. Prese con ferocia quel tremendo Amorino dal tavolino, non senza sforzo, e poi…

Il resto era già leggenda.

Kaputt Santa Claus.

Bye bye!

 Dalla finestra, attraverso i fiocchi di neve che scendevano copiosi, vide gli altri marciare a teneri saltelli verso la casetta.

“Oh Numi, e adesso che faccio?” si disse l’assassino. Non aveva più tempo per agire. Quando spalancarono la porta, di fronte a quell’orrore imprevisto, rimasero tutti senza parole. N.8 non si perse d’animo. Con fare melodrammatico, dando enfasi alla gestualità, spiegò l’accaduto.

Guardò uno per uno i suoi compagni e, al termine del suo discorso, esclamò: “È stato un atto contro la plutocrazia!”.

Non furono necessarie altre parole. Immediato e lunghissimo, l’applauso che seguì.

Gli elfi, pur senza sapere il perché, avevano sentito nel profondo del loro cuoricino gioiosamente labile che ciò che era avvenuto era stato compiuto nel nome della giustizia e, ricordando l’antico detto “Morto un papa, se ne fa un altro”, acclamarono come nuovo leader Elfo n.8. Quindi, presero all’unanimità una decisione: avrebbero fatto sparire il cadavere di Babbo Natale!

In fondo, il loro capo aveva manifestato più volte l’intenzione di abbandonare tutto e di scappare alle Hawaii con la sua massaggiatrice shiatsu!

N.8 già pregustava i titoli dei giornali, che avrebbero parlato di lui come dell’elfo che aveva salvato il Natale dopo la misteriosa scomparsa dell’uomo più famoso del mondo, e non riuscì a trattenere un sospiro soddisfatto.

Prese il cappello di Santa Claus, quello che era appoggiato con cura sulla mensola del caminetto, lo indossò con un pizzico di civettuola vanità e sorrise.

Il mondo aveva bisogno di eroi. E lui poteva esserlo.

Il Natale era arrivato anche per Elfo n.8.

Finalmente!

Oh,oh,oh, oh…

Disegno: Sara Belfiore

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.