Arte - Il caleidoscopio

Ridare vita a un cadavere: l’utopia romantica dello Stregone di Ariège

Altro esempio di pittura rupestre, databile intorno al XIII millennio A.C, lo Stregone fu scoperto in una caverna conosciuta come “Il Santuario” o “ʻGrotta dei tre fratelli”ʼ, a Montesquieu-Avantès, nel dipartimento di Ariège, in Francia. La grotta prende il nome dai tre figli del conte Bégouen, che la scoprì nel 1914. Venne resa famosa grazie alle pubblicazioni dellʼ instancabile abate Henri Breuil.

Questa figura, collocata più in alto delle altre rappresentazioni incise nella grotta, è in parte graffita e in parte dipinta. Raffigura uno sciamano o forse un essere mitico, un dio, che ha il corpo di un cavallo e la testa, incorniciata da una fluente barba, è sormontata da corna di cervo.

Con gli occhi rotondi e il becco quasi di uccello, lo Stregone sembra irridere gli spettatori e parlare direttamente al loro cuore, alle loro inquietudini più recondite.

La testimonianza è straordinaria; essa è simbolo, estetico e filosofico, di un nuovo modo di leggere e di sentire la realtà. Lʼ arte diventa codice universale e imperituro di pulsioni e domande che non trovano risposta, allora come ora, “significati” trasmissibili in ogni tempo e in ogni dove.

Emerge, in termini hegeliani, il senso di un Soggetto che si definisce e ri-definisce a partire dall’incontro traumatico con l’Altro identificato non come, e forse più semplicemente, l’ individuo che ci sta di fronte bensì con la dimensione magica tout court.

É dunque palese, sin dalle origini dellʼ’ Umanità, la voglia di guardare a quel cielo stellato che preside ogni vicenda mortale e che resta imperscrutabile. Insieme ai suoi possibili abitanti e signori.

Guardare lo Stregone, resistere al suo sguardo con devozione e al contempo con baldanzosa fierezza, è quasi un’esperienza mistica, un corpo a corpo dall’esito imprevedibile che forse ci permette di capire meglio, di vedere e  di ʻʻʻsentireʼʼ, nella sua accezione più squisitamente Romantica, lʼ Arte così come la concepivano i nostri antenati e, facendo un balzo in avanti enorme, figure come Picasso o come gli artisti dell’Action Painting ( un nome per tutti:Pollock).

Nell’opera  Les Demoiselles d’Avignon, del 1907, Picasso libera definitivamente la prospettiva, facendo esplodere il segno primitivo sulla tela. É l’alba del Cubismo. Dal passato, con amore.

Particolare dell’opera Les Demoiselles d’Avignon

L’Action Painting, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, vuole colpire l’osservatore nel profondo del suo subconscio, evocandone un senso di primordialità, collegato direttamente al concetto di archetipo, che a sua volta deriva dalla psicoanalisi di Jung.

Pollock, Autumn Rhythm (Number 30)

Per dirla con le parole di Pollock, il maggiore esponente di questa corrente: “ʻDipingere è azione di autoscoperta. Ogni buon artista dipinge ciò che è”. 

La stessa autoscoperta che animò i nostri antenati quando riportavano sulle pareti delle grotte il loro mondo, interiore e esteriore, fonte di realtà, di magia e di cose oscure.

La creazione di unʼ’ opera d’arte è la creazione di un mondo, nata, come una preghiera”, diceva Kandinskij.

E per che cosa prega l’uomo, sin dalla notte dei tempi?

 Prega per la Vita, per lo spazio breve di un sogno vissuto con gioia e con stupore. Per la felicità e per la vendetta sul Tempo, lasciando una traccia nelle vite altrui.

Non era di pietra o di vuoto incommensurabile l’anima dei nostri antenati, esseri in grado di sentire e di soffrire come noi.  La loro ballata non è dissimile dalla nostra. E tutti noi cadiamo, in misura uguale, sotto i colpi pressanti del più umano dei sentimenti. La paura. Di non avere più tempo, di una continuità non così scontata, di svelarsi, di nascondersi, di guardarsi allo specchio e di non riconoscersi più, di quell’oscurità insita nel cuore. E quella, più sinistra e ancestrale, di trovare nutrimento e forza da essa. Da tale spazio di orrori e di fantasticherie mirabolanti nasce la Storia. La rappresentazione artistica è allora il nucleo dell’avvicendarsi, come scriveva Vico, delle realtà storiche politiche, economiche, culturali.

Di sopravvivenze, di estinzioni e di rinascite narra proprio la preistoria. E lo Stregone di Ariège più di ogni altra raffigurazione.

Nei primi graffiti è tratteggiato in maniera più o meno evidente quel  desiderio di trascendenza che, pur nelle sue incognite, è lʼ’unica cosa in grado di dare senso a quello scandalo supremo che resta la morte. La nostra e quella, ancora più straziante, delle persone che amiamo.  L’arte diventa espressione di un anelito mistico eterno, universale, di un volo pindarico immaginifico che prevede la possibilità di mettere sotto scacco i Signori del Tempo e, in ultimo, la Morte stessa.

Ma, con il suo sguardo enigmatico e sornione, lo Stregone di Ariège ci mette in guardia dalla volontà di ridare vita a un cadavere, dal sogno impossibile di rovesciare il dominio del Dio della Morte. E forse dalla conoscenza stessa grazie alla quale siamo più liberi ma di certo non più felici.Il velo di Maya, Schopenhauer ci perdonerà, non dovrebbe essere svelato, alfine. Come raccontano i più toccanti miti religiosi, l’essersi cibato dei frutti dell’albero della conoscenza genererà nell’Uomo la consapevolezza del suo potere, sebbene limitato, e la sua essenza, votata al dolore e allʼ’ inganno e all’ incertezza, caratterizzata dalla necessità di farsi carico della bramosia della carne, con le sue meraviglie e i suoi rischi. Come ci dirà, secoli dopo, Paul Gauguin attraverso le sue esotiche e trasognanti figure.

Paul Gauguin Chi siamo? Dove andiamo?

Le immagini parietali nella loro disperata ossessione di “ʻdar vita a una salma”ʼ, come ci dimostra la figura dell’uomo (morto) raffigurato a Lascaux e che sembra rinascere a nuova vita come Araba Fenice (non a caso è raffigurato alla stregua di un uccello antropomorfo) segnano l’inizio di una concezione temporale dell’ esistenza capace di andare oltre la percezione della quotidianità, con le sue lotte strenui, fino a cogliere o a tentare e di cogliere un nucleo universale di più ampia portata.

Incisione denominata Uomo Uccello ( o Uomo morto) a Lascaux

E la narrazione stimola sempre unʼ esperienza psicologica epica che è al contempo personale e collettiva.

Così, in un certo senso, nel mondo primitivo nasce la prima avanguardia storica sociale.

Lo Stregone di Ariège ci ricorda che siamo esseri incerti alle prese con il mistero di una natura labile, intenti a risolvere non il rompicapo della morte ma l’enigma della vita perché è sotto i suoi colpi infidi che troppo spesso (ci) perdiamo.

Il gioco dellʼ’ Arte è questo: vedere come vedevano gli Altri.

E capire che c’è un filo sottile che lega i vivi e i morti. Coloro che furono bramano il respiro dei vivi e, in cambio, offrono loro esempi nefasti e qualche buon consiglio.

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.