La lettrice infingarda

“La notte del solstizio”: donne coraggiose e città inquiete nell’ultimo libro di Pino Zecca

La lettrice infingarda presenta…

In questo aprile in bilico fra speranza e paura, e in cui sono ancora aperte le ferite legate alla pandemia, la letteratura – come sempre – ci viene in soccorso, per regalarci sogni, evasioni e avventure fantastiche.

Oggi, per la nostra rubrica letteraria, parleremo di un’opera appena pubblicata, “La notte del solstizio”, un libro avvincente, scritto da Pino Zecca ed edito da Turisa Editrice.

Un viaggio tra sacro e profano, nel cuore di una città unica al mondo.

Manca qualche minuto a mezzanotte. Il quartiere Fuorigrotta è immerso in una nebbiolina mista a righe di pioggia sottile e insidiosa. Una figura femminile minuta, avvolta in un cappotto più grande di qualche taglia, berretto di lana fin sopra gli occhi, passo svelto e concitato, percorre il piazzale adiacente allo stadio San Paolo (ora stadio Diego Armando Maradona n.d.r)”.

Inizia così una storia che promette di incantare i lettori.

Si dice, non a torto, che il terzo libro sia il vero banco di prova di un autore.

E Pino Zecca non delude, esplorando nuovi sentieri, dopo “Frammenti – Pensieri tra realtà e immaginazione” e “Così sono fatti gli Angeli – Versi d’amore e altre storie”, dimostrando tutto il suo talento e un’ eccellente vena artistica, sempre poliedrica e vivace.

“La notte del solstizio” prende il via in medias res, descrivendo i turbamenti di Adele, moglie umiliata in cerca di un riscatto. Per sé stessa e per il suo bambino autistico.

Un’opera che regala un ritratto inedito di Napoli, città inquieta e mai paga, e offre interessanti spunti di riflessione sulla storia millenaria di Partenope. Sin dall’antichità, ci ricorda Pino Zecca, il capoluogo campano è territorio ideale per lo sviluppo di importanti culti esoterici, come quelli legati alla Dea egiziana Iside, signora della vita e della morte e protettrice dei naviganti. Il suo culto cominciò ad avere grande diffusione, in epoca bizantina. Non a caso, i resti di un antico tempio dedicato ad Iside sono stati rinvenuti nei pressi della statua del dio Nilo, nel centro storico di Napoli.

L’autore riesce a cogliere, con uno stile immediato, le due anime di Partenope, quella legata al sole, al mare, alla gioia di vivere e l’altra, più oscura e malinconica, che danza sinistra attorno alla bocca degli Inferi, quel lago d’Averno, dove si concentrano le pagine più belle e misteriose del romanzo. Soprattutto, Pino Zecca delinea, bene, il profilo psicologico di quattro affascinanti donne, desiderose di “ri-definirsi”.

Adele, Elisabetta, Michela e Helèna fanno emergere aspetti diversi eppure complementari dell’animo femminile. Adele, per non deludere le aspettative degli altri, è precipitata in un incubo, Elisabetta, da psicologa, si prodiga costantemente per il prossimo e, nel farlo, mette a tacere un antico dolore, Michela si getta nel suo lavoro da poliziotta e indaga nelle vite altrui per non sentire dentro di sé il peso della solitudine, Helène balla e gioca con la seduzione per dimenticare i giorni tumultuosi della guerra a Sarajevo.

La violenza, in un certo senso, è il filo conduttore delle vicende. Un veleno che logora e annienta lentamente. Come purtroppo sanno bene molte donne, in un momento storico in cui non accenna a placarsi la piaga del femminicidio.

Allora, diventa fondamentale per “l’altra metà del cielo” fare squadra, come suggerisce questo libro.

“La notte del solstizio” parla anche di questo. E di voglia di ricominciare.

La data non è stata scelta a caso.

Secondo gli antichi Romani, il solstizio d’inverno annunciava la morte del Dio Sole e la sua imminente rinascita, una data fortemente evocativa che, come scrive Pino Zecca: “mi ha sempre affascinato. Forse perché si entra nella costellazione del Capricorno, un segno zodiacale a me caro, o forse perché, ipotesi più probabile la storia della mia città, secondo il filosofo Dicearco di Messina, inizia proprio all’alba del solstizio d’inverno.

L’autore firma un’opera accattivante, un noir non comune, che non disdegna  momenti di deliziosa ironia, ad esempio, quando Pino Zecca descrive il villain del libro, un “sedicente santone poco seducente” dai dubbi poteri malefici ma dalla sconfinata e pericolosa stupidità.

Perché il Male, come scriveva giustamente Hannah Arendt, è davvero una cosa banale…

Non manca, poi, lo spazio per una sorta di “divagazione lirica”, un divertissement – solo in apparenza tale – e che invece costituisce il marchio di fabbrica di questo indagatore dell’animo, prolifico e raffinato.

Il lettore verrà dunque stregato dal fascino terrifico del lago d’Averno e da una storia ricca di pathos, omaggio sentito alle luci e alle ombre della nostra splendida città.

Da leggere con attenzione.

Il libro è acquistabile presso la libreria Ubik di via Benedetto Croce – Napoli, la libreria Raffaello di via Kerberker e presso la Feltrinelli di Piazza dei Martiri; nei maggiori store on line (Amazon e Ibs) e sul sito della casa editrice Turisa.

Buona lettura!

Immagini:

Copertina del libro “La notte del solstizio”

John William Turner, il Lago d’Averno con Enea e la Sibilla – immagine di pubblico dominio

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.