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“Ciente Carezze e Mille Vase”, Giuseppe de Silva racconta il suo Maradona

Ci sono istanti, attimi, momenti che restano fissi nella nostra mente, che alimentano quel vento che soffia imprevedibile e indomito nelle regioni più segrete del nostro cuore, scatti fotografici e frammenti attorno ai quali costruiamo le nostre storie, reali, romanzate… a un certo punto – come una volta mi ha detto qualcuno – forse non lo sappiamo nemmeno più noi. Abilmente sogno e verità si mescolano. Ma percepiamo che esse, in qualche modo, ci determinano e danno inizio a una narrazione completamente diversa, sorprendente e magari salvifica. Come vuole la stella che guida tutte le grandi avventure letterarie. E la bella Sherazade.

E’ questo il senso più profondo di “Ciente Carezze e Mille Vase – Poesie, racconti e aneddoti su Diego Armando Maradona”, l’avvincente libro sul calciatore argentino, edito da Beldes Edizioni e presentato il 4 ottobre presso il Salone delle Conferenze dell’Opi di Napoli, sito nella centralissima Piazza Carità. A moderare l’incontro una delle firme più prestigiose del nostro giornalismo, Lino Zaccaria.

L’evento è stato organizzato dalla dottoressa Mirella D’Orsi in sinergia con l’Opi, che da sempre porta avanti iniziative culturali di ampio respiro volte a esaltare il nostro territorio.

Io ero al tavolo dei relatori, al fianco di Luigi Caramiello, sociologo e docente universitario.

La parabola triste di Diego Armando Maradona, il cui epilogo non è così inaspettato, almeno per chi crede nel Fato e nella sua spiazzante geometria, suscita in tutti noi un ricordo particolare e intimo.

Maradona non si può più spiegare. Proprio come il pittore Edward Hopper non riusciva a esprimere il proprio stato d’animo se non sulla tela.

È un brivido che si sente sulla pelle. Oltre il mito e gli errori.

“Ciente Carezze e Mille Vase – Poesie, racconti aneddoti su Diego Armando Maradona” è un libro complesso che viaggia borderline tra ricordo, romanzo e inchiesta giornalistica per difendere Diego dagli attacchi dei suoi detrattori senza dimenticare però i sui difetti.

L’autore, Giuseppe de Silva, giornalista professionista, scrittore alla sua terza pubblicazione, va per aneddoti anche inediti, ricordi e testimonianze, cercando di fornire una risposta a emblematici quesiti come quello – leggendario – che contrappone Pelè a Maradona e spiegando alcuni termini di origine straniera legati indissolubilmente al calciatore argentino (malatia e guapparia ad esempio). Con una frase di Diego, si aprono paragrafi ricchi di suggestioni, intitolati prendendo spunto da una canzone o da un film in grado di esaltare mirabilmente uno spaccato della vita del calciatore.

Il filo conduttore del volume è la volontà di rendere giustizia a Maradona, un J’accuse coraggioso, che ha il sapore di un’inchiesta di spessore umano e professionale notevoli. L’impegno giornalistico e la passione del tifoso non si trovano l’uno di fronte all’altra, ma si inseguono come amanti appassionati, facendo sì che il lettore venga coinvolto in una spirale di fantasia, amarcord, cronaca calcistica e non.

Partendo da Villa Fiorito, sobborgo di Buenos Aires, una periferia tragicamente “sempre uguale a sé stessa”, dove tutto è cominciato, l’autore regala immagini suggestive di Diego Armando Maradona – senza omettere debolezze e cadute-, cartoline che provengono “da una terra di mezzo”, che non indicano più lo stato di innocenza di un bambino che correva “appresso a nu pallone”, ma nemmeno insiste, con un certo compiacimento macabro tanto in voga oggi, sull’autodistruzione del campione. Questo è, sicuramente, uno dei pregi di questo insolito volume.

Maradona è il simbolo stesso di un’atmosfera, quella degli anni ’80, colorati, spensierati, edonistici, non certo non privi di contraddizioni ma dove malgrado tutto si sognava. E quella fantasia sembrava possibile.

Elvis, un cantante caro all’ autore, non a caso diceva: “Segui quel sogno, dovunque quel sogno ti possa condurre”. Ed è in qualche modo questo sussurro che sembra guidare Maradona fino alla fine.

Il connubio con Napoli è simbiotico, viscerale, potente.

Quando Maradona arriva a Napoli, la città vive un periodo complesso. È ancora segnata dal tragico terremoto del 1980, stritolata da mani crudeli, per citare un film di Francesco Rosi, dalle stragi di camorra che mietono vittime innocenti. Un nome per tutti: Giancarlo Siani, simbolo di un giornalismo coraggioso, troppo spesso offeso, sottopagato e vituperato.

Allora come oggi.

Eppure, malgrado tutto questo, Maradona riesce a portare in questa Partenope inquieta una ventata di ottimismo e di allegria, una fiaba alla portata di tutti.

Dal barrio più povero di Buenos Aires con amore.

Nel suo libro Giuseppe De Silva, con quella leggerezza di calviniana memoria che non è mai superficiale e che vuole invece planare sulle cose per apprezzare una visuale di insieme più ampia e ricca di prospettive, a volo di uccello come si usa dire in gergo artistico, ci conduce così alla (ri)scoperta di Diego Armando Maradona in un testo che unisce magistralmente generi letterari diversi, catturando il lettore in un vortice di emozioni, sensazioni, colori e ricordi. Con uno stile asciutto e il piglio obiettivo e lucido del vero giornalista di razza.

Emerge, nel testo, il ritratto di un uomo con pregi e difetti prima ancora che l’immagine di un mito.

Un’icona pop, certo, al pari di Frida Kahlo e di Marilyn Monroe ma che alla fine è stato soprattutto un enigma. Persino per sè stesso. Come era solito affermare un’altra figura tragica famosissima, Ludovico II di Baviera.

Maradona è stato molte cose e ognuno di noi lo ricostruisce in base al proprio vissuto.

ʻʻ”Che cos’è questo lavoro e che vuole dire?”, scrive De Silva all’ inizio della sua opera.

Ecco, vuole raccontare un amore che è al contempo intimo e collettivo. Perché il mito è di tutti e di nessuno e sfugge a ogni definizione.

Ma vuole ugualmente “tentare anche di interpretarlo – senza avere la pretesa di riuscirci per forza -, alla luce della penetrazione che l’uomo, il personaggio, il calciatore, ha avuto nella società napoletana e soprattutto nell’immaginario collettivo di Napoli e di quanti tifano per la maglia azzurra”.

Il testo colpisce perché è un vero un tuffo nel nostro passato, in un’epoca irripetibile e leggendaria, in quegli anni Ottanta celebrati, osannati, colorati, immortalati in decine di scatti sbarazzini, e talvolta – al contrario – vituperati.

Mentre una generazione si muoveva alla ricerca spasmodica di Simon Le Bon (il carismatico leader dei Duran Duran), si appassionava alle avventure delle ladre gentildonne che si firmavano “Occhi di gatto” e agli intrighi di corte di “Versailles no bara” (al secolo “Lady Oscar”), ascoltava le perle del perfido J.R (“Dallas”) sul sangue e sul petrolio (noi che pensavamo di aver visto tutto in fatto di trash!), anche chi non seguiva il calcio, era a conoscenza delle gesta di “nu bravo guaglione”, “piccirillo” nella statura e un po’ nel cuore ma di certo non nei sentimenti, che dal Barrio più povero di Buenos Aires, regalava al suo Sud, a tutti i Sud del mondo, la parabola di un riscatto possibile.

De Silva ripercorre la vita di un enfant prodige, “pittando” quella luce che brilla negli occhi di chi non ha nulla e pur tuttavia sogna, quel bagliore potentissimo e quasi divino che nasce quando, all’improvviso, un desiderio invade lʼanimo di un bambino povero e la scintilla si trasforma in voglia di farcela, in fame di gloria, in desiderio di cambiare il proprio destino.

“Ciente Carezze e Mille Vase” vuole far vivere, Diego in questo stato consolatorio di perenne sospensione temporale.

E che ci porta, per un istante, come scritto all’ inizio, a dimenticare quel 25 novembre del funesto anno 2020 (il giorno in cui, per dirla come Don Mclean in “American Pie”, “the music died”).

Ma il re non può morire mai.

Il Re è morto, il Re vive.

Un’opera che rende tributo a questo folle sentimento collettivo per Diego. Un sentimento che pervade il libro anche grazie a poesie in vernacolo donate al lettore con QR code che consentono l’ascolto dei versi dalla viva voce dell’autore. Un piccolo colpo di “teatro” per rendere ancora più accattivante la fruizione di “Ciente Carezze e Mille Vase”, quelli che si è meritato Diego con le imprese epiche compiute a Napoli” ha affermato – in chiusura di serata – Giuseppe de Silva.

L’autore pone il suo Maradona in una consolatrice terra di mezzo, in una sospensione temporale, in un giardino dove dormono per sempre giovani e per sempre felici gli eroi.

Anche quando sono imperfetti.

E così il libro con il sottofondo ideale di “Racing in the Street” di Bruce Springsteen sembra voler dire a Diego, in una dolce notte di fine estate: “Stanotte, stanotte il circuito è perfetto. Voglio farli saltare tutti fuori dai loro sedili sfiderò tutto il mondo stiamo andando a gareggiare in strada”.

Da leggere con attenzione.

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Laureata in Conservazione dei Beni Culturali e in Storia, sono giornalista pubblicista dal 2012. Ho da sempre una passione smodata per l'arte, la letteratura, i fumetti, il Sol Levante e per i voli pindarici. Mi definisco una sognatrice razionale.